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Le tradizioni manduriane – Lu Panaru

Le tradizioni manduriane - Lu PanaruLu panaru è un recipiente antico per tradizioni e storia. Si ricava dai ricacci delle frasche e da quelli delle canne, che crescono spontaneamente nelle nostre campagne. Sono risorse che la natura mette a disposizione, chiedendo in cambio solo gratitudine e rispetto. La frasca è per la struttura portante, la canna per il rivestimento. Lu panararu (il cestaio) con dure mani le intesse insieme dando vita ad un manufatto dall’aspetto piuttosto rusticano, ma che esprime tanta arte e tanta passione.
Nella cultura contadina dell’epoca si costruiva per essere utilizzato nelle attività agricole. Soprattutto in inverno, di solito piovoso e difficile, il contadino panararu, non potendo lavorare in campagna, si rinchiudeva nella piccola capanna appositamente rimediata e costruiva panari in continuazione per esaudirne le richieste ed anche per sostenere l’esistenza della propria famiglia. Lu panaru ormai faceva parte integrante del nucleo familiare, amico inseparabile soprattutto in tempi di raccolta. Durante la fiera di San Domenico in Agosto, all’epoca tanto attesa, lu panararu metteva in mostra i propri panari in una lunga vetrina che si snodava per tutto il corso centrale. La raccolta dei fichi, ormai prossima e tanto preziosa per l’economia, avveniva con l’utilizzo di lu panaru e già palesava le proprie virtù, destreggiandosi tra i rami affastellati, appeso ad un semplice bastone uncinato quasi volesse agevolare il lavoro di raccolta dell’anziano agricoltore.

La vendemmia dell’uva, tutta manuale, si eseguiva con l’uso di lu panaru. Lu canistru sarmali, il più grosso di tutti, con due grosse maniglie, serviva per trasportare a spalla l’uva verso il traìno. Le tradizioni manduriane - Lu PanaruDurante il tempo di raccolta delle olive, le giovani campagnole si recavano a piedi in folti gruppi col panaru sottobraccio. Il lavoro era talmente duro che le obbligava a stare col dorso curvo per tutta la giornata. Ma lu panaru, assiduo e fedele testimone dei loro sforzi era là, sempre pronto a dare il proprio sostegno. Faceva in modo che le giovanette si potessero distendere e adagiare col petto su di esso per cambiare posizione senza interrompere il proprio lavoro. Oggi è difficile immaginare come un essere così rustico e senza anima potesse esprimere tanta magnanimità in quei momenti cruciali della giornata. Da allora tanto tempo è passato, lu panaru si è alquanto modificato, è diventato più bello e più appariscente tanto da adornare salotti e saloni.

Evviva lu panaru quindi, testimonianza di antica arte contadina e di moderna scultura artigiano-professionale. Il solo ricordo procura tanta nostalgia e richiama tanti pensieri di un passato dalle tante ristrettezze che si affrontavano con tanta tenacia e tanta fiducia e voglia di vivere. L’ultima considerazione che mi corre l’obbligo di ricordare è il ruolo etico-sociale che all’epoca lu panaru manifestava tra tutte le sue qualità. L’uso che si faceva per regalie di prodotti agricoli alimentari, esprimeva raffinatezza e stima, soprattutto perché conservavano fino alla fine il proprio profumo. Quando tali gesti avvenivano tra famiglie che erano vissute lungamente in disaccordo tra loro, era opinione diffusa che lu panaru, nuovo costruito, intervenisse per riportare concordia e pace tra di loro.

Gregorio Erario

in NUOVARIA, 3 luglio 2018

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