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Toponomastica e cesteria

Toponomastica e cesteria

La toponomastica è una interessante, e non di rado divertente, fonte di informazioni sulla storia di un luogo: in primis eventi storici, personaggi significativi per la vita civile (locale e/o nazionale), ma anche usi, tradizioni, mestieri. Certamente la scelta dei nomi da assegnare alle strade riflette i valori e le priorità culturali dei diversi momenti storici, e allo stesso tempo rivela la storia delle comunità che quelle stesse strade abitano, nominano, vivono.

La cesteria non fa eccezione in tal senso, e il binomio cesteria-toponomastica offre interessanti notizie.

Ci limitiamo per ora alla sola Roma, ma certamente i criteri che, nel corso tempo, hanno informato le scelte delle amministrazioni locali dei vari centri italiani sono certamente simili un po’ ovunque, e pertanto toponimi dedicati al mondo della cesteria, in tutte le sue declinazioni, saranno senza dubbio presenti laddove questo mestiere abbia avuto sviluppo e fortuna.

In Roma ci muoviamo dal centro storico, da Via de’ Canestrari, fra Piazza Navona e Corso Rinascimento. La via fu così denominata nel 1829, quando i vicoli a ridosso della più bella piazza barocca di Roma, del “salotto pamphiliano” che è appunto la bellissima Piazza Navona, non erano stati ancora “sventrati” dal Corso del Rinascimento, aperto nel 1937 «in sostituzione di Via dei Sediari, della Sapienza e delle Cinque Lune». Nella Via de’ Canestrari si trovava l’Università della corporazione omonima che ivi esisteva: per Università in tal caso si intende “corporazione”, cioè un’associazione di lavoratori ed artigiani che si associavano fra loro al fine di tutelare la propria categoria. Solo per fare qualche esempio, Universitates c’erano per i fabbri, per i macellai, per gli osti, per i sarti, e così via dicendo. Le varie Universitates si occupavano ciascuna degli aspetti economici e giuridici della vita dei propri iscritti, mentre le Confraternite (altrettanto numerose) avevano analogo carattere assistenziale ma in riferimento soprattutto all’aspetto religioso e spirituale, e spesso si impegnavano in opere di beneficenza e fornivano anche assistenza ai bisognosi in generale.

Non lontano dai Canestrari si allunga il Vicolo delle Ceste, istituito nel 1870, «dai magazzini e dai fabbricanti di ceste che lavoravano lì nei dintorni». Nel 1945 viene invece assegnato il nome alla Via dei Cestari, fra Largo delle Stimmate e Piazza della Minerva, «dall’industria e dalla vendita di cesti e panieri», come recitano gli atti ufficiali; ancora nei paraggi, presso Vicolo del Cedro , ecco sbucare Via dei Panieri, «dai fabbricanti di canestri che qui vivevano», il toponimo risale al 1925. Da Via dei Panieri si giunge in men che non si dica al Vicolo dei Panieri, che però riceve il toponimo nel 1954.

Dal 1940 c’è la Via dei Sediari nei pressi del Teatro Valle e Largo della Sapienza, «dai negozianti di sedie un tempo nella zona».

Interessante è anche la toponomastica legata ai materiali utilizzati dai cestai: Via della Paglia si trova nei pressi della chiesa di Santa Maria In Trastevere, «da vari depositi di paglia qui esistenti» (toponimo dal 1870). Via dell’Appagliatore e Via delle Pagliete si trovano invece assai lontani dal centro storico romano, rispettivamente nei pressi dell’Idroscalo di Ostia e di Fiumicino. L’etimologia della parola “appagliatore” non è chiara, potrebbe essere assimilabile all’impagliatore, dunque si tratterebbe dell’artigiano che lavorava tradizionalmente la paglia e il vimini, nella maggior parte per le sedie. Occorrerebbe approfondire, tuttavia.

Altrettanto distante dalla Roma più centrale è Via della Canapa, istituita nel 1949 nei pressi di via dei Romagnoli. La strada si snoda in un intreccio di vie dai nomi di piante, tessili e non: essendo questa una zona extraurbana e piena campagna fino a qualche decennio fa, è lecito supporre che la toponomastica si sia ispirata al contesto agreste che qui caratterizzava la zona.

Va detto però, per inciso, che la toponomastica di aree di recente urbanizzazione non sempre conserva le memorie del luogo. Spesso si ispira ad ambiti semantici omogenei e lessicalmente “ben forniti”, così da poter coprire uno sviluppo viario consistente e da poter dare un nuovo nome ad ogni nuova strada. Così si è sfruttato questo ambito lessicale, ricco in terminologia, per poter coprire tutta la nuova rete viaria.

Infine, dal volume sugli Antichi mestieri di Roma di Mario La Stella incontriamo alcune diciture circa i mestieri che ruotano intorno all’arte dell’intreccio, nomi di lavorazioni e di lavoratori che potrebbero tranquillamente comparire sulle targhe di qualche strada, chissà, sarebbe interessante cercare: dal “caneparo” (o anche caniparo e canapaio) al “cestaruolo”, quest’ultimo «il facchino che si occupava del trasporto, del caricare e dello scarico delle ceste contenenti merci diverse». I venditori ambulanti si facevano notare al grido di «Belle canestre vendo oggi per Roma – dimani a casa ne faccio una soma», mentre il venditore di canne gorgheggiava «Canne per acconciar giardini e orti – che soglion dar l’estate gran conforti».

 

Bibliografia e sitografia:

https://www.comune.roma.it/TERRITORIO/sito/cittadino.html, pagina web del SITOSistema Informativo Toponomastico del Comune di Roma

 

Mario La Stella, Antichi mestieri di Roma, Newton  Compton editori, Roma 20052

  1. Carpaneto, I vicoli di Roma, Newton Compton, Roma 1989

U. Gnoli, Topografia e toponomastica di Roma medioevale e moderna, Grotta del Libro, Roma 2004 (I ed. 1939)

Chiara Morabito

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